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lunedì 6 marzo 2017

RECENSIONE di MANCHESTER BY THE SEA

Manchester by the sea di Kenneth Lonergan


sceneggiatura: 8
fotografia: 8
regia: 9
interpretazione degli attori: 9
trama: 8
ritmo: 6


Un dramma desolante, che viaggia attraverso l'animo umano con una delicatezza sconcertante, senza mai esagerare. Un viaggio che si rivela doloroso e tremendamente difficile da affrontare, ma che riesce a mantenere una costanza e una tensione emotiva da brividi. Un film che racconta tanto, ma non dice ( quasi) nulla... un film che mostra più ombre che luci... più silenzi che confessioni... più sguardi che gesti... fa tanto con poco, anzi pochissimo. C'è però una cosa da capire: questo è un pregio o un difetto?







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Il protagonista della vicenda narrata è Lee Chandler ( Casey Affleck), un portinaio tuttofare di Boston, che vive in un costante stato di rassegnazione e "male di vivere". Una brutta notizia, però, sconvolge la sua deprimente routine: il fratello Joe ( Kyle Chandler) è ricoverato in ospedale per un arresto cardiaco. Lee allora si precipita a Manchester by the sea, la loro città natale, per stare vicino al fratello, ma purtroppo arriva troppo tardi: Joe non ce l'ha fatta. Da questo momento comincia a svilupparsi la trama; si dirama un interessante susseguirsi di flashback, che si mescolano ordinatamente con il presente narrato; comincia uno struggente percorso di sofferenza, alimentato da spietati ricordi del protagonista; ma soprattutto comincia il tentativo di riavvicinamento di Lee con suo nipote Patrick ( Lucas Hedges), rimasto orfano di padre e con una madre alcolizzata, scappata di casa ormai da tanti anni. Il loro legame è molto profondo; questo si riesce solo a percepire però, perché nulla viene mai reso esplicito, nessuna emozione viene palesata in modo netto e definitivo. Il loro rapporto fatica comunque a consolidarsi a causa della totale alienazione di Lee dal mondo che lo circonda. Il film prosegue lentamente, sempre caratterizzato da queste sfumature ombrose. Lee vuole tornare a Boston alla sua vecchia vita; vivere a Manchester gli causa pesanti sofferenze, e vuole portare con se anche il nipote... ma Patrick non è disposto ad abbandonare la sua vita e trasferirsi. Per qualche mese i due continuano a vivere insieme, ma presto le loro strade si dovranno dividere... o forse no...

Questa è a grandi linee la trama. E' un film abbastanza lento nel ritmo, ma ha una trama molto ricca che si sviluppa con grande ordine e coerenza.
E' un dramma, ma non è assolutamente un melodramma ( per fortuna): mancano le scene madri, mancano i confronti strazianti tra i personaggi, mancano i pianti a dirotto, mancano le scene di grida disperate, manca la presenza di elementi di speranza o di trascendenza come la religione, mancano le denunce sociali alla droga o all'alcol... mancano quindi le principali caratteristiche dei film drammatici contemporanei che puntano tutto sull'emotività, spesso fine a se stessa, degli spettatori. Qui invece ci si concentra di più su ciò che non viene detto, su ciò che viene solo accennato e poi interrotto, su aspetti più nascosti e meno stereotipati. Ci si affida ad un laicismo di base, che affronta la drammaticità degli eventi senza bisogno di soluzioni o vie d'uscita spirituali; ci si affida ad una totale sofferenza, quasi sublimata, senza bisogno di infatuazioni o alleggerimenti di cornice. E' un film delle "piccole cose", come la poetica del Pascoli, e proprio come nelle Sue poesie, ogni cosa qui assume grande significato proprio grazie alla sua semplicità. E' una storia che vale solo in sé, senza il peso della retorica sociale obbligatoria o il mito della sventura di derivazione cristiana in cui le sofferenze portano alla virtù.

A rinforzare e ravvivare la sceneggiatura troviamo comunque numerosi colpi di scena, che sono sempre molto preziosi ai fini del racconto e di una comprensione più completa. Troviamo una caratterizzazione dei personaggi molto accurata, ma allo stesso tempo alquanto ambigua. Ed è forse proprio l'ambiguità la parola chiave di questo film. Sì perché nulla è mai definito in modo chiaro, è sempre tutto in balia di un profondo senso di angoscia, che minimalizza ogni azione, ogni discorso, ogni rapporto tra i personaggi. Nulla prende mai il sopravvento sull'apparente pacatezza che regna sovrana. Ci tengo a sottolineare la parola "apparente", perché la tranquillità non va assolutamente associata agli sviluppi profondi della storia, ma solo al contesto in cui si svolge. E' un film caratterizzato da un estrema sobrietà; sobrietà nello stile, nella regia, nella sceneggiatura e nei contenuti.  (Abbinare la sobrietà ad un dramma così profondo e ad una storia con una dose così violenta e devastante di dolore, è cosa assai rara nel cinema contemporaneo abituato ormai ad esasperare ogni cosa fino all'estremo. E in questo risiede la grandezza di questo lavoro: riesce a trasmettere tanto con poco. Riesce a sviluppare la sofferenza senza bisogno di manifestarla con insistenza e senza decoro; riesce a comunicare la sua alienazione emotiva causata dal bisogno di sopravvivere, di dover andare avanti... e questo a discapito di ogni sentimento di amore e di passione. Quel fuoco di vita che tiene accesa la nostra anima qui viene spento, e ciò che ne deriva è una profonda freddezza, un pessimismo cosmico che avvolge ogni cosa... un'apatia nei confronti della vita, che però, quasi paradossalmente, sconvolge emotivamente lo spettatore. A questo punto bisogna capire se questa assidua ricerca del "non dire", del "non fare", questa prevalenza di oscurità, questo metodo interessante di raccontare una storia senza mai entrare nello specifico sia in realtà una genialata oppure uno squallido alibi per non dire un gran che... 

Tecnicamente nulla, o quasi, da eccepire. La regia di Lonergan è meravigliosa. Elegante, precisa e di grande impatto. Riesce a raccontare ciò che la sceneggiatura cerca di nascondere. Questo aspetto in particolare mi ha colpito moltissimo. Posso spingermi a dire che la regia è addirittura necessaria per comprendere meglio il film, per goderne appieno. Non è così frequente trovare un film in cui le scelte registiche influiscano anche sullo svolgimento della trama... è difficile persino da spiegare come Lonergan sia quasi presente sulla scena; è riuscito ad alternare i due piani temporali propri del racconto in una successione equilibrata perfettamente; spesso arriva quasi a confonderli tra loro, creando un effetto sfumato, rarefatto dalla realtà con una raffinatezza straordinaria. E' qui l'unicità di questo film, nella sua doppia prospettiva che sfocia poi in un'unica dimensione di sofferenza, e il fatto che non ci siano mai buchi nella trama o salti nel vuoto è garantito dall'ottima sceneggiatura, sempre di Lonergan, che a mio avviso ha toccato la vetta della sua carriera ( vincendo anche il premio Oscar come miglior sceneggiatura originale). La grossa pecca secondo me è che non ci sia mai nemmeno uno spiraglio di luce, mai un accenno di forza d'animo, mai un momento di respiro. Non dico di snaturare la sua essenza, perché il film è di grande valore proprio per la sua avversione ai soliti canoni cinematografici, però ritengo che sia inevitabile per lo meno accennare ad un cambiamento o alludere ad uno spiraglio. E' un film emblematico, che forse va preso così com'è, senza avventurarsi in voli pindarici per comprenderlo...

Risultati immagini per manchester by the seaFatti i dovuti complimenti al regista, non si può non applaudire alle strepitose interpretazioni degli attori: Casey Affleck lascia senza fiato, ha un intensità mostruosa. In genere è un attore discreto, non particolarmente espressivo, qui riesce a dimostrare tutto il suo talento. Si svuota completamente da ogni emozione e riesce a trasmettere tutta la complessità del suo dramma con la sola forza dei suoi sguardi, con la forza di tutte quelle parole non dette e di quei silenzi così struggenti. Una prova di assoluto valore interpretativo, perché ha completamente prosciugato l'animo umano per gettarlo nell'abisso della sofferenza senza speranza ( premio Oscar al miglior attore protagonista).          E' incantevole anche Michelle Williams che interpreta Randi, l'ex moglie di Lee. Forse il suo è l'unico personaggio che tenta di liberarsi veramente dell'enorme dolore che la opprime, l'unico personaggio che si lascia andare ad lungo sfogo, l'unico personaggio che piange ( e per un film così drammatico penso sia un record, che ho apprezzato non poco) e lei riesce ad impersonare alla grande questa carica emotiva. E non è da meno Lucas Hedges, il giovane attore ha offerto un'eccellente performance e ha creato una forte empatia con Casey Affleck, i due insieme hanno funzionato benissimo. 

Manchester by the sea non è sicuramente un film facile; non è un film che rilassa o svaga... è un film che spiazza, che fa soffrire; è un film triste, senza luce in fondo al tunnel; è un film che pone drammi giganteschi sulle spalle di personaggi piccoli; è un film che lascia il segno e che, nonostante tutto, riesce anche a far sorridere... è un film che ci lascia la consapevolezza che da un cinema si può uscire soddisfatti anche dopo aver assistito ad una storia senza lieto fine, senza amori eterni, senza supereroi, senza violenza, senza canzoni o balletti, senza effetti speciali... ma solo con il grande merito di essere riuscita a raccontarsi liberamente, regalandoci la sua profonda intimità. 


VOTO: 8

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