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giovedì 20 settembre 2018

MINI RECENSIONI


Risultati immagini per la battaglia dei sessi

- La battaglia dei sessi 


regia: 5
sceneggiatura: 7
fotografia: 6
interpretazione degli attori: 6,5
trama: 6
ritmo: 5


Soggetto interessante, sviluppo non all'altezza. 
Si tratta di un film discreto, senza particolari difetti, ma che rimane costantemente impantanato del suo stagno di mediocrità. Ciò che sicuramente alza il livello è la storia, supportata da una buona sceneggiatura, che ci racconta una delle più significative e emblematiche sfide sportive del secolo scorso. Da segnalare anche una valida caratterizzazione psicologica dei protagonisti, cosa non scontata purtroppo, che vengono ben interpretati da Emma Stone e Steve Carell. Per il resto c'è ben poco da dire: la regia ininfluente, il ritmo per nulla avvincente e la trama non sempre all'altezza delle aspettative (anche se in alcuni punti si salva molto bene, evitando il prepotente incombere della noia). 


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-Lincoln 


regia: 7
sceneggiatura: 5
fotografia: 7
interpretazione degli attori: 8
trama: 4
ritmo: 3


Profonda delusione. Trovo difficoltà a commentare questa pellicola... c'è davvero poco da salvare se non una buona regia ( di un certo Steven Spielberg), un ottima ricostruzione scenica e l'impeccabile interpretazione di Daniel Day Lewis... poi il nulla. Sceneggiatura pessima, povera di contenuti, farraginosa e troppo, troppo lenta. La storia non prende mai il via, rimane perennemente statica, senza dare la minima importanza al ritmo che naufraga inesorabilmente nella noia. Non è certo la lentezza il problema, poiché in tanti film è necessaria, ma qui troviamo una lentezza vuota, ingiustificata e non colmata dai contenuti. Sul grande presidente degli Stati Uniti mi sarei aspettato decisamente qualcosa di meglio, ma devo comunque riconoscere l'importanza culturale e storica di questo film, che ha portato sul grande schermo la difficile battaglia per l'abolizione della schiavitù.
Una grave nota di demerito va al doppiaggio di Pierfrancesco Favino che presta la voce al presidente Lincoln: imbarazzante per gran parte del film, a tratti fastidiosa.



Risultati immagini per i origins
- I origins 

regia: 9
sceneggiatura: 5
fotografia: 9
interpretazione degli attori: 8
trama: 9
ritmo: 4 


Film molto suggestivo, a tratti sconcertante e spesso troppo evanescente. La regia di Mike Chaill è meravigliosa: sempre attenta, precisa e intelligente.
Ci regala alcune perle registiche straordinarie, e riesce a tenere sempre alto il coefficiente emotivo con scelte ed inquadrature coraggiose, dinamiche e ben amalgamate. 
Anche la storia di per sé sarebbe molto interessante, ma spesso si perde nel suo stesso racconto inutilmente minuzioso e flemmatico, trascurando invece alcuni fondamentali passaggi che rimangono incompleti. Il fascino di questo film, però, è in grado di rapire lo spettatore fino a togliergli il fiato; per chi saprà apprezzarlo si rivelerà davvero una perla rara... per gli altri, invece, il nulla. 
Dunque nel complesso il giudizio è positivo e il film merita sicuramente la visione, ma non è un film adatto a tutti.


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- The program 

regia: 7
sceneggiatura: 5
fotografia: 7
interpretazione degli attori: 8
trama: 8
ritmo: 8

Quando un film poggia le basi sopra una grande storia siamo già a metà dell'opera, se poi questa grande storia è addirittura tratta da fatti reali... beh allora le premesse sono delle migliori. E questo film è proprio uno di quei casi, quelli in cui la realtà supera di gran lunga la finzione e merita senza alcun dubbio di essere raccontata. 

In questo film funziona tutto a meraviglia: la trama è avvincente, tiene sempre viva l'attenzione con un ritmo deciso e incalzante e un susseguirsi feroce di avvenimenti; la regia è molto valida e tiene sempre alto il livello e il coefficiente visivo; gli attori offrono tutti una grande prova, riuscendo a calarsi perfettamente nei personaggi e a rendere tutto ancora più realistico, aumentando dunque il tasso di empatia con lo spettatore... tutto ottimo se non fosse per una sceneggiatura che non sempre supporta a dovere il resto, e purtroppo la sceneggiatura è l'elemento fondamentale per qualunque film. Non è propriamente una brutta sceneggiatura, ma non è all'altezza, non scava a fondo, non osa, non si impone, non sviscera la questione, non dice nulla di più... in poche parole è troppo superficiale, ancorata a terra e incapace di spiccare il volo. Forse la storia è di quelle troppo scomode da sviscerare... Comunque il film rimane molto interessante e la visione è consigliata. 




To be continued...

martedì 11 aprile 2017

RECENSIONE de "IL PERMESSO - 48 ORE FUORI"

Risultati immagini per il permesso - 48 ore fuoriIL PERMESSO - 48 ORE FUORI di Claudio Amendola


sceneggiatura: 4
fotografia: 7
regia: 5
interpretazione degli attori: 6,5
trama: 6,5
ritmo: 6


Abbiamo recentemente parlato del buon periodo del cinema italiano (in questo articolo sui David di Donatello - http://lapinacotecadeisogni.blogspot.it/2017/03/premi-david-di-donatello-2017.html), e oggi andremo proprio ad analizzare un film tutto made in Italy: "Il permesso - 48 ore fuori", nato da un idea di Giancarlo De Cataldo, diretto da Claudio Amendola e interpretato dallo stesso regista con Luca Argentero, Giacomo Ferrara e la bellissima Valentina Bellè. 


Claudio Amendola, al suo secondo film da regista (dopo "La mossa del pinguino"), ci racconta una storia contorta, suddivisa in quattro episodi paralleli. Protagonisti di questi quattro episodi, sono altrettanti attori: Donato (Luca Argentero), Luigi (Claudio Amendola), Angelo (Giacomo Ferrara) e Rossana (Valentina Bellè); tutti e quattro sono detenuti del carcere di Civitavecchia, e tutti e quattro hanno ottenuto un permesso di 48 ore di libertà, al termine del quale dovranno ritornare tra le sbarre, altrimenti verranno immediatamente considerati degli evasi in latitanza. Da qui comincia a diramarsi la storia di ogni personaggio, che, in sole 48 ore, dovrà recuperare il tempo perso in carcere, riallacciare rapporti e reinserirsi in una società che ormai li ha messi al bando. 

Risultati immagini per il permesso - 48 ore fuori

Premettendo che di per sé la trama non è particolarmente convincente, speravo almeno di trovare uno svolgimento compatto e avvincente, che riuscisse a tenere alta la tensione e l'attenzione coinvolgendo lo spettatore... ma così non è stato: sceneggiatura , decisamente troppo forzata e stucchevole. Rovina quasi sempre una storia che sulla carta sarebbe potuta essere interessante, ma che alla fine soccombe, schiacciata dal peso di uno svolgimento instabile. Pessimi gli scambi di battute, mai incisivi o profondi, sempre forzati e a tratti imbarazzanti e ridicoli (stereotipi di loro stessi)... non ne salvo uno. Non danno peso alla storia, ma creano solo una dannosa e orribile patina di inadeguatezza che macchia tutto il film. Da una sceneggiatura che riesce a malapena a dare una caratterizzazione dei protagonisti (che in un film di questo genere è ancora più fondamentale del solito), non ci si aspetta certo un salto di qualità, ma speravo che almeno la narrazione fosse più fluida, dinamica e incisiva... speranze, purtroppo, vane. Narrazione sterile, spenta, approssimativa e scostante; non mi ha mai convinto, dall'inizio alla fine. Non riesce a sviluppare le quattro storie come meriterebbero e si limita a raccontarle in modo confusionario e incompleto. Peccato davvero, perché l'idea di partenza non era affatto male, e nemmeno il risultato finale è del tutto osceno e inguardabile, per fortuna qualcosa si riesce a salvare, ma se manca una base solida diventa assai difficile costruirci sopra un buon film. 

Sono ottime, per esempio, le ambientazioni scelte: sempre azzeccate e di grande impatto. Buona la fotografia (purtroppo non supportata da un altrettanto valida regia) che conserva intatto il colore sbiadito della periferia, quello cupo del crimine e quello vitale delle emozioni. Una fotografia fatta di spietati chiaroscuri che danno vita ad un atipico western metropolitano; apprezzabile anche l'impegno profuso verso un genere non facile, che in Italia vanta gradi precedenti come Gomorra, Romanzo Criminale e Suburra. Sicuramente è stata tratta notevole ispirazione da questi filmoni, ma devo ammettere che la chiave di lettura di Amendola è comunque originale e molto interessante. Interessante perché ci offre un'insolita prospettiva della criminalità, ovvero quella più personale e intima, caratterizzata da debolezze, fragilità e insicurezze, che accompagnano la nostra esistenza. Tutti e quattro i protagonisti sono messi a nudo difronte alle loro emozioni, ed è interessante scoprire come ognuno li loro reagirà alle vicessitudini che lo attendono una volta libero. In sole 48 ore di libertà dovranno dunque affrontare, con tutte le loro forze e a loro insaputa, quei problemi della loro vita che avevano lasciato fuori dalla galera. Ciò che accomuna tutti i personaggi nel loro percorso è l'amore, una presenza costante e fondamentale nella vita di tutti. C'è chi questo amore non lo trova ed è disposto a tutto pur di riabbracciarlo (Donato); c'è chi questo amore lo trova, ma in gravissimo pericolo (Luigi); e c'è chi questo amore, invece, ancora non lo conosce, ma presto lo incontrerà (Angelo e Rossana).



Risultati immagini per il permesso - 48 ore fuoriPassando agli attori, prove discrete, sicuramente non facili. Sono tutti in profonda empatia con il loro personaggio, ma forse esagerano un po' con la caratterizzazione, risultando spesso forzati e fin troppo teatrali. Interpretazione che vengono oltremodo spinte all'estremo per ottenere la massima intensità emotiva, che però è inversamente proporzionale alle forzature. L'emozione non si cerca, l'emozione si vive... non si crea su misura, ma si ottiene... un'emozione si percepisce in sé e non per sé. E purtroppo di emozioni non me ne sono arrivate molte, anzi. Riconosco, però, l'incredibile sforzo interpretativo di Luca Argentero, il talento di Valentina Bellé, la simpatia contagiosa di Giacomo Ferrara e l'efficace azzeramento emotivo di Claudio Amendola. Non hanno sicuramente sfigurato, e, forzature e stereotipi a parte, hanno saputo dar vita a dei personaggi molto intensi e profondi. 

Tirando le somme, è un film mediocre che non riesce mai ad alzare l'asticella, rimanendo intrappolato tra le pieghe di una sceneggiatura insufficiente, di una regia che non ha saputo valorizzare il contesto scenico e l'impatto emotivo, e di un andamento ritmico incostante. E' però un film che racconta storie difficili, di una periferia più vicina di quanto pensiamo, e ha il grande merito di farlo senza compromessi o mezze misure. Si è dimostrato un film coraggioso e non è sprofondato nel pantano di un'ipocrisia cinematografica dilagante. Era un progetto molto ambizioso e difficile da orchestrare, e alla fine il risultato, pur deludendo un po' le aspettative, non è poi così tremendo. 

VOTO 5,5











martedì 4 aprile 2017

RECENSIONE de "LA BELLA & LA BESTIA"

Risultati immagini per la bella e la bestia 2017 LOCANDINALA BELLA e LA BESTIA di Bill Condon


sceneggiatura: 7
fotografia: 8
regia: 8
interpretazione degli attori: 8
trama: 7
ritmo:7


Dopo il lungometraggio animato del 1991, la Disney, dopo 26 anni, torna a raccontare una delle storie più magiche e romantiche di sempre, e questa volta lo fa con un film vero e proprio. Gli incassi parlano chiaro: è un successo mondiale. In Italia mantiene saldamente il primo posto al box office con circa 17 milioni e 700 mila € di incasso.


La storia la conosciamo tutti, spero. Ambientata nel settecento, nel cuore della Francia, racconta l'impossibile amore tra Belle ( Emma Watson) e la bestia ( Dan Stevens), un amore che dovrà avere la forza di spezzare il terribile incantesimo che ha condannato il giovane principe. Una storia ricca di emozioni, di imprevisti, di magia  e di amore, tanto amore. Una storia che grazie alla sua bellezza riesce sempre ad affascinare grandi e piccini. 

Risultati immagini per la bella e la bestia 2017 immaginiPremetto che inizialmente ero tutt'altro che convinto di andarlo a vedere al cinema, non è proprio il mio genere, e non è stata certo una mia scelta... ma ho dovuto cedere alle pressioni, e poi per la Watson ci si può anche sacrificare dai. Alla fine eccomi lì, volente o nolente, seduto in sala ad aspettare l'inizio della proiezione; parecchio prevenuto, ma anche un po' incuriosito. Comincia il film... 

Devo ammettere che mi sono ricreduto, e non poco. Film davvero ben fatto, molto godibile e di pregevole fattura. Non particolarmente originale, ma forse è un bene, e sempre molto elegante. Elegante soprattutto la regia di Bill Condon, che ci ha offerto uno scenario incantevole dai tratti meravigliosamente fiabeschi. Questo connubio tra cinema e fiaba è stato inserito ottimamente nella trama: c'è un buon equilibrio tra la teatralità romanzesca e i ritmi cinematografici, tra le ambientazioni da film d'animazione e le sequenze da film impegnato, tra la parte più giocosa e irriverente e la parte più intensa ed emotiva, tra gli attori veri e i personaggi ricostruiti. Insomma, è un film che vive di equilibri non facili da gestire, ma che riesce a dimostrarsi all'altezza. Questo grazie alla regia, ma anche ad una straordinaria scenografia e ad buona sceneggiatura, che mantiene la dinamicità narrativa ad alti livelli e che si prende sempre sul serio. Questo fatto mi ha colpito molto: è un film ispirato ad un cartone animato, a sua volta ispirato ad una fiaba per bambini, che però cerca sempre di non perdere la sua credibilità... mantiene sempre una forte tensione emotiva e non lascia nulla in sospeso. Poi sulla sceneggiatura c'è poco da aggiungere, perché la storia di per sé ha un fascino irresistibile, e sarebbe molto più difficile adattarla male. Qui gli sceneggiatori Evan Spiliotopoulos e Stephen Chbosky (così come il regista) si attengono molto alla versione del 1991, cercando in tutti i modi di riproporre la straordinaria magia del cartone animato ( e fanno bene, perché è un capolavoro), e hanno il merito di aggiungere qualche sequenza in più (per esempio quelle attorno alla figura del padre di Belle e della morte della madre) e di dare maggior importanza ai personaggi secondari ( come Le Tont, che ho apprezzato tantissimo), e poi sono state aggiunte un paio di canzoni nuove, che hanno rinforzato il lato musical del film. In generale canzoni e coreografie sono state ben inserite nel tessuto narrativo (forse qualche adattamento dei testi è stato un troppo forzato), ma ammetto che qualche volta le ho trovate un po' pesanti. Fuori discussione, però, l'altissimo valore artistico di queste scene, che rappresentano uno dei punti cardine del film. Tanto lavoro, tanta dedizione e tanta bravura si celano dietro queste parti corali, grazie alle quali possiamo capire l'incredibile sforzo di produzione per far in modo che tutto (dai costumi alle comparse) fosse in perfetta armonia.  

Risultati immagini per la bella e la bestia 2017La domanda che sorge spontanea a questo punto è: sono riusciti a dar vita ad un film degno del precedente? La risposta, a mio avviso è , ma va spiegata per bene, perché chiaramente non sono tutte rose e fiori. Partendo ad analizzare gli aspetti positivi, è doveroso soffermarsi un attimo sugli effetti speciali: già nel '91 la spettacolarità visiva era buona, ma con questo film è stato fatto davvero un eccellente lavoro, e il risultato finale è visivamente meraviglioso. Gli effetti speciali sono magistralmente ponderati e le ricostruzioni sceniche sono incantevoli, tutte. Ottimo lavoro.

Risultati immagini per la bella e la bestia 2017 CASTAltro punto di grande forza è il cast. Emma Watson nei panni di Belle è davvero brava. Riesce a manifestare la forza, la determinazione, la fragilità e l'emotività della giovane ribelle. Il personaggio le calza a pennello e lei è abilissima ad interpretarlo al meglio, con raffinatezza, irriverenza, empatia, intensità e tanta, tanta, tanta bellezza. Piacevolissime sorprese di grande talento: Luke Evans nei panni dell'antagonista Gaston, e Josh Gad nei panni di un goliardico ed omosessuale LeTont (due personaggi che insieme funzionano a meraviglia). Omosessualità in un film Disney? Ebbene sì, giusto un accenno, ma c'è per davvero. Condon ha voluto, infatti, inserire qualche chicca di novità e ha reso la storia un po' più contemporanea, raccontando un piccolo siparietto omosessuale e inserendo alcuni personaggi di colore, rompendo così gli schemi estremamente occidentalizzati della tradizione, senza cadere nella forzatura, ma solo con un accenno. A mio avviso, però, il punto di maggior forza è l'universalità del racconto. E' una storia di fantasia, ambientata in un '700 surreale, all'interno di un mondo fiabesco, ma i messaggi che porta con sé sono universali e senza tempo. Sono messaggi più attuali che mai; messaggi che fanno riflettere e che prendono il sopravvento su tutto il resto: amare oltre le apparenze, amare oltre ogni confine, essere liberi, avere fiducia e non perdere mai la speranza... prima o poi il nostro momento arriverà. Non smetteremo mai di aver bisogno di tutto questo, e riuscire a ricostruire una storia, ormai abbastanza agée, senza smarrire la sua potenza contenutistica è davvero un grande merito. Ora, al di là di qualunque errore o imperfezione, o di qualunque critica che si potrebbe fare, come si può non essere rapiti dalla bellezza di questa storia? sono partito con tanti pregiudizi in testa, lo ammetto, e comunque alcune critiche da fare le avrei, ma ho capito che molte volte l'intento di un film va decisamente oltre la perfezione stilistica, e punta sul contenuto... io in questo caso la spinta emotiva l'ho percepita e mi ha decisamente colpito nel profondo, quindi perché concentrarsi sui piccoli difetti? forse, ogni tanto, è meglio mettere da parte la presuntuosa minuziosità da grandi critici, e lasciarsi trasportare dalla magia del cinema... vi assicuro che per godersi un film è la cosa migliore. Nessuno è perfetto, altrimenti sapete che noia?!

Non siete ancora convinti che meriti una possibilità? Beh, se gli sfarzosi numeri musicali non fossero abbastanza accattivanti, le scenografie abbastanza incantevoli, la storia sufficientemente intensa e coinvolgente, e gli attori abbastanza bravi... non preoccupatevi, rimarrete sicuramente affascinati dalla sua spettacolarità visiva e, come per magia, sarete catapultati in un meraviglioso vortice di piacevoli ricordi e romantica nostalgia, che vi farà stare bene per almeno un paio d'ore, e vi farà vivere un’avventura intramontabile che insegna ad amare nonostante tutto.

VOTO 8

mercoledì 29 marzo 2017

PREMI DAVID DI DONATELLO 2017

E anche quest'anno, malgrado i reiterati scetticismi di molti, i David di Donatello ci hanno offerto una bella panoramica del cinema italiano, che si è dimostrato in ottima forma. A trionfare, come sempre, è stato il buon cinema, quello capace di regalare forti emozioni e grandi storie. Qualche pronostico è stato rispettato, altri invece no, ma gli assoluti protagonisti sono stati quelli che aspettavamo: Indivisibili, con ben sei premi vinti su diciassette candidature; Veloce come il vento, con altrettanti sei premi su sedici nomination, e La pazza gioia, che con i suoi cinque premi si aggiudica l'ultimo gradino del podio. 


E' stata un'edizione che mi ha convinto molto; è riuscita a fotografare bene il panorama cinematografico del momento, che ha tanta voglia di rivalsa e di novità. 
Mi hanno convinto soprattutto le scelte dell'Accademia in alcune categorie cruciali come quella di miglior sceneggiatura adattata, per la quale il premio, con mia grande sorpresa e gioia, è andato al film "La stoffa dei sogni" di Gianfranco Cabiddu. Forse è il premio che ho apprezzato più di tutti, sicuramente perché il film lo merita tantissimo, ma soprattutto perché è stata premiata finalmente una storia fuori dagli schemi tradizionali, una storia capace di unire in un meraviglioso connubio il cinema e il teatro, Eduardo de Filippo e Shakespeare, la realtà e la fantasia... una storia capace di raccontarsi con una delicatezza straordinaria e capace di dar vita ad un film dalle incantevoli sfumature poetiche. Il favorito della vigilia "Fai bei sogni" è rimasto a bocca asciutta, e non solo in questa categoria ma in tutte le dieci in cui era nominato. Secondo me è stato giusto così, film mediocre. Come miglior sceneggiatura originale, invece, è stato rispettato il pronostico e ha vinto "Indivisibili" di Edoardo De Angelis. Un film che personalmente ho apprezzato poco, ma del quale non posso mascherare l'alto valore contenutistico. 

Tra gli attori la battaglia era molto accesa e i candidati in gara erano tutti molto agguerriti. Per quanto riguarda il miglior attore protagonista, però, penso che nessuno nutrisse alcun dubbio: non poteva che vincere un formidabile Stefano Accorsi per la sua strepitosa interpretazione in "Veloce come il vento" di Matteo Rovere. Una performance eccezionale, intensa come poche altre. Siamo forse difronte al miglior Accorsi di sempre, che è stato capace di imporsi sulle ottime prove di attori del calibro di Tony Servillo e Sergio Rubini (senza Accorsi avrebbe meritato di vincere lui). Come miglior attrice protagonista l'esito era molto più incerto e combattuto. Le indiscusse favorite erano Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi per le loro interpretazioni ne "La pazza gioia", e ad avere la meglio è stata proprio la Bruni Tedeschi (bellissimo il suo gesto di chiamare sul palco anche la sua collega). Devo ammettere che io avrei preferito la vittoria della Ramazzotti, che ho apprezzato molto di più, ma la prova della sua compagna è sicuramente di assoluto valore e di forte impatto emotivo. Brave anche le altre contendenti, ma contro queste due straordinarie performance c'era davvero poco da fare. Miglior attrice non protagonista si conferma Antonia Truppo, che per il secondo anno consecutivo trionfa in questa categoria. Ottima la sua prova in "Indivisibili". Il premio di miglior attore non protagonista va, invece, a Valerio Mastandrea per l'interpretazione in "Fiore" di Claudio Giovannesi. Dopo la doppia vittoria del 2013, anche quest'anno si ripresenta in entrambe le categorie; se però come miglior attore protagonista in "Fai bei sogni", a mio avviso, non è stato all'altezza, qui riesce a dimostrare tutto il suo valore, e il suo personaggio è di grande spessore interpretativo, e alla fine si porta comunque un premio a casa. Mi è dispiaciuto moltissimo per Ennio Fantastichini, che, ne "La stoffa dei sogni", è stato meraviglioso. 


Arriviamo adesso ai due premi più attesi: come miglior regia la sfida era aperta e il risultato incerto, ma alla fine ha prevalso la maestria di Paolo Virzì per "La pazza gioia". Io ero in forte dubbio tra lui e Matteo Rovere (per "Veloce come il vento") e sul filo di lana avrei premiato proprio Rovere per la freschezza, la dinamicità e la ricercatezza del suo stile, ma Virzì è un poeta della macchina da presa e merita sicuramente questo riconoscimento. La sua direzione ha dato una marcia in più a questo piccolo capolavoro. Siamo adesso giunti al premio più ambito: quello di miglior film, andato anche questo a "La pazza gioia". La cinquina di candidati in gara era davvero molto valida e competitiva, ma questa vittoria era fuori discussione. Film intenso, struggente, nostalgico, poetico, delicato, tormentato... un film da vedere. Come miglior film straniero, invece, ha vinto il thriller di Tom Ford "Animali Notturni", e come miglior film dell'Unione Europea è stato premiato il bellissimo "Io, Daniel Blake" di Ken Loach. Sicuramente due ottimi film, e, soprattutto per il secondo, sono pienamente d'accordo con l'esito.

Graditissima chicca della serata è stata il David Speciale alla carriera consegnato a Roberto Benigni. Forse sarà discutibile il personaggio, apprezzabile o meno, ma credo che la sua importanza e il suo calibro a livello artistico siamo indiscutibili. Un uomo che al cinema e alla cultura ha dato veramente tanto nel corso degli anni, e che per questo merita un grande riconoscimento. La standing ovation del teatro al suo ingresso ne è una dimostrazione. 

La 62° edizione dei David di Donatello, quindi, si è conclusa senza intoppi o buste sbagliate, e credo che ancora una volta il cinema italiano non abbia assolutamente sfigurato, riuscendo a dimostrare tutto il suo valore. Soprattutto in queste occasioni, però, è evidente una cosa: in Italia abbiamo splendidi artisti, talenti straordinari e potenzialità enormi, ma manca sempre qualcosa... manca il sostegno, mancano i grandi finanziamenti, manca la fiducia. Si potrebbe davvero tornare a fare il Grande Cinema di una volta, ma servono interventi più profondi anche da parte dello Stato; bisogna credere nei piccoli progetti e sviluppare un settore che da anni cerca di tenersi in piedi da solo, ma che merita molto di più. L'arte va protetta. 

Per concludere, una nota agli organizzatori: si può fare qualcosa per rivitalizzare la cerimonia di premiazione? qualche calo di ritmo era evidente... per il prossimo anno pensiamoci. 
Buon cinema a tutti.




giovedì 16 marzo 2017

I FANTASTICI QUATTRO

Posso affermare con grande soddisfazione che nell'ultimo periodo il blog ha ottenuto un buon incremento di visualizzazioni e la cosa mi stimola molto ad andare avanti sempre al meglio. Dopo un mese di quasi totale inattività, in cui avevo quasi perso la voglia, sono tornato a scrivere; prima sui Premi Oscar e poi sui David di Donatello, trovando un ottimo riscontro di lettori. Adesso però mi sento in dovere di recuperare in qualche modo quel mese perso, anche perché proprio in quel periodo sono usciti molti dei film che hanno trionfato agli Oscar e che meritano quindi una maggior attenzione. Non posso far finta di nulla.


In questo articolo allora torneremo indietro di qualche settimana e parleremo di questi grandi protagonisti del panorama cinematografico. Per non discriminare nessuno ho voluto adottare un metodo oggettivo: parleremo dei film che hanno vinto almeno due Oscar. I fantastici quattro che incontreremo sono: La la land, Moonlight, Manchester by the sea e La battaglia di Hacksaw Ridge.


-Partiamo con l'assoluto vincitore di questa edizione: La la land, che con le sue sei statuette merita di aprire le danze. L'acclamato musical di Damien Chazelle ha convinto critica e pubblico, c'è chi però non riesce proprio a digerirlo. A me è piaciuto molto. Ecco i miei voti.


Risultati immagini per la la landsceneggiatura: 8
fotografia: 9
regia: 9,5
interpretazione degli attori: 8
trama: 7
ritmo: 6

Film tecnicamente di alto valore; Chazelle è straordinario e ci offre una regia magica, raffinata e dalle meravigliose sfumature poetiche d'altri tempi. Il suo stile unisce freschezza e dinamicità con una delicata eleganza e un grande rispetto verso il cinema del passato. La sua maestria è evidente in ogni sequenza del film, ad ogni cambio inquadratura, e non è mai banale. Ben riuscite anche le parti prettamente dedicate al musical, che sono decisamente una minoranza, rivelatesi molto efficaci, di grande impatto e di pregevole fattura. Devo però ammettere che la sceneggiatura non è impeccabile come la regia, qualche errore l'ha commesso, soprattutto nella costruzione della trama che talvolta si perde in se stessa e si dimentica di chiarire alcuni passaggi e altre si addormenta in scene superflue e fin troppo dettagliate; questo va ad intaccare la fluidità del ritmo, che, a mio avviso, è decisamente scostante: il film non annoia, ma in diversi punti perde di intensità e di efficacia narrativa, elementi che compromettono una godibilità più completa. La sceneggiatura è comunque molto godibile e sviluppa bene la storia e i personaggi, offrendoci una commedia musicale romantica, innovativa ed emozionante. 
Sono ottime le interpretazioni di Emma Stone e Ryan Gosling, applaudite a livello globale. Molto empatici, tra di loro e con il pubblico; molto credibili e soprattutto molto bravi. La performance della Stone, a mio avviso, è nettamente superiore rispetto a quella del suo partner, ma anche lui ha saputo difendersi bene. Riescono a lasciare una loro forte impronta sui personaggi, che funzionano a meraviglia dall'inizio alla fine. 
E' un film che rispolvera egregiamente un genere tanto caro al passato come quello del musical, e lo fa senza cadere nella mediocrità o nell'imitazione, ma regalandoci un grande spettacolo e una bella storia. E' un film dai tratti fiabeschi, che omaggia il cinema d'altri tempi mantenendo sempre la sua modernità. E' un film che si racconta con il cuore e che riesce ad emozionare, ma che non perde mai la sua cura al dettaglio. E' un film di alto valore che merita di essere visto; anche se il musical non è un genere per tutti, La la land riesce a superare questo limite.

Ma c'è una domanda che tutti ci siamo posti: è veramente Ryan Gosling a suonare il pianoforte? La risposta è si! Gosling si è applicato molto per evitare di ricorrere ad una controfigura e ha studiato intensamente pianoforte per mesi (precisamente quattro ore al giorno per tre mesi), riuscendo a girare in autonomia le sequenze al piano. Chiaramente la musica che sentiamo nel film non è suonata veramente dall'attore, ma registrata dal pianista Randy Kerber, però è da apprezzare il grande impegno di Gosling, che non ha cercato scorciatoie.


Risultati immagini per moonlight-Secondo film più premiato: "Moonlight" di Barry Jenkins, che si è portato a casa (con sorpresa finale) tre Oscar su ben otto nomination. Ecco i miei voti:

sceneggiatura: 7
fotografia: 9
regia: 7
interpretazione degli attori: 9
trama: 8
ritmo: 7

Capolavoro... sfiorato. I presupposti c'erano tutti: tematiche di altissimo spessore, un ottimo cast, la rivincita del cinema afro-americano, un regista e sceneggiatore molto promettente... ma purtroppo alcuni errori sono stati commessi e hanno in parte compromesso il risultato finale, che è comunque eccellente. 
Partiamo, infatti, col dire che è un ottimo film, un gioiellino: Jenkins non delude e offre una regia di alto livello. Perfetta l'intesa con il direttore della fotografia, grazie alla quale sono riusciti a dar vita ad una Miami diversa dal solito, lontana dagli eccessi della sua mondanità ( già vista e rivista), e ci hanno mostrato la città nelle sue sfumature più nostalgiche, crepuscolari e poetiche. Di grande impatto e molto in sintonia con la storia. In sintonia perché le ombre nascoste di questa insolita Miami si uniscono alle ombre nascoste dei personaggi e della trama. E questa alchimia funziona a meraviglia, riuscendo a regalare una grande intensità emotiva a tutto il film. Dal punto di vista contenutistico, poi, troviamo un'ottima sceneggiatura, che sviluppa accuratamente una storia molto difficile e tormentata; caratterizza bene i suoi personaggi ( e non solo i protagonisti, cosa assai rara), che durante il film affrontano un percorso di maturazione, intenso e spietato. Potremmo quindi definirlo un film di formazione, perché accompagna lo spettatore, con garbo, ma allo stesso tempo con grande durezza, attraverso un travagliato cammino di evoluzione, e gli trasmette una forte empatia con i protagonisti. Questo anche grazie alle straordinarie interpretazioni di tutti gli attori: Mahershala Ali e Naomie Harris su tutti; incantevoli. La grossa pecca, però ( e lo dico con profondo rammarico), è che spesso e volentieri il film cade in deleteri luoghi comuni, in facili trappole moraliste e in fastidiosi cliché. E' soprattutto questo che non gli consente di arrivare ad essere considerato un vero capolavoro: la tendenza allo stereotipo e al "già visto". Bisogna dire che è comunque tutto magistralmente studiato e ben inserito nel tessuto narrativo, senza sbavature o forzature, ma è pur sempre una caratteristica molto discutibile, che appesantisce le ambizioni di questo film e non riesce a fargli spiccare completamente il volo. Storia comunque molto interessante, potente e delicatamente violenta. Film che al di là di alcuni grossi limiti, riesce a far emozionare e riflettere

-Passiamo adesso al film di Mel Gibson, vincitore di due statuette: La battaglia di Hacksaw Ridge. Ecco i miei voti:
Risultati immagini per la battaglia di hacksaw ridge
sceneggiatura: 6,5
fotografia: 8
regia: 8
interpretazione degli attori: 7,5
trama: 7
ritmo: 7

Mel Gibson ci regala un gran bel film: ben strutturato e tecnicamente perfetto
La sua regia è molto buona. Riesce sempre ad essere dinamica e incisiva, non perde di ritmo e di spettacolarità. Meravigliose le inquadrature a campo lungo e lunghissimo, che mostrano bene le varie ambientazioni del film, e ben ponderato l'uso dei primi piani e dei primissimi piani, finalizzati ad aumentare il livello emotivo dell'azione scenica. Gibson molto abile, ma forse un po' troppo tradizionalista... non osa mai più di tanto. 
Sceneggiatura dai due volti: da una parte mantiene una grande intensità narrativa, che non si perde mai durante il percorso, e soprattutto riesce bene a sviluppare la storia senza affossarla nel patetismo o nella sterile retorica; dall'altro, però, troviamo una narrazione spesso stucchevole, ad altissimo contenuto di cliché e infarcita di luoghi comuni, e uno sviluppo dei personaggi appena abbozzato. E' quindi un film sulla carata molto potente, che però troppo spesso cade nella mediocrità. Se Gibson tecnicamente ci regala un'ottimo spettacolo, a livello di contenuti rimane inaspettatamente troppo misurato
Oltre a non sviluppare nessun personaggio, al di là del protagonista, non si preoccupa nemmeno di contestualizzare la vicenda narrata: la tremenda vita da trincea non ha la ben che minima importanza, il contenuto storico non è pervenuto e la vicenda si dirama in modo troppo didascalico ( sequenzialità elementare e prevedibile). 
Gli attori sono stati abbastanza convincenti. Andrew Garfield su tutti. Ottima la sua interpretazione nei panni del "soldato senza armi" Desmond Doss; di grande spessore emotivo e di forte impatto morale. Il grosso difetto ( ma non è certo colpa dell'attore) è che il personaggio è troppo "perfetto", privo di spigolature o difetti, sempre impeccabile e mai in errore; riesce sempre a fare la cosa giusta nel momento giusto... decisamente troppo forzato e finto, anche perché sono proprio le piccole imperfezioni e le piccole debolezze a far innamorare il pubblico di un personaggio. Il suo "eroe biblico", però, nonostante tutto funziona bene, anche grazie alla bravura di Garfield. 
Questa tendenza all'assuefazione della realtà finalizzata all'accrescimento, quasi maniacale, dell'epicità contenutistica, per fortuna viene spesso soppiantata dalla spinta morale che il film si porta sempre dietro. Una morale che non risulta fine a se stessa, ma che riesce ad imporsi con grande profondità nel cuore dello spettatore e a lanciare potenti messaggi, che non passano mai in secondo piano e vengono sempre accompagnati da un'attenta analisi dei personaggi. Nulla è mai campato per aria, tutto viene sempre ben inquadrato all'interno della storia e per questo ogni cosa mantiene la sua importanza. Nonostante l'invadente presenza di insopportabili luoghi comuni e forzature, la spinta morale non stona mai. Mi ha convinto molto soprattutto il modo in cui sono state sviluppate le forti motivazioni che spingevano Doss a perseverare nella sua battaglia, e l'evoluzione dei personaggi, che piano piano si sono dovuti ricredere sulla straordinaria grandezza di quel ragazzo. Da apprezzare anche, a mio avviso, il fatto che la storia d'amore di Desmond funga solo da sfondo alla vicenda e che non sia il fulcro di tutto il film. Ho apprezzato molto meno, invece, i venti minuti filati di battaglia, forse un po' troppo pesanti, ma di indubbio valore. Al di là degli errori, è un film che personalmente mi è piaciuto molto, perché è riuscito a coinvolgermi pienamente nella storia, senza concedermi troppo tempo per focalizzarmi su tutte le imperfezioni. Ha il grande merito di raccontare un'incredibile pagina della storia americana e di far conoscere un personaggio che merita sicuramente molta attenzione. Consigliato.

-Ultimo film di questa speciale rassegna è: Manchester by the sea di Kenneth Lonergan, vincitore di due premi Oscar. Ecco i miei voti:

sceneggiatura: 8,5
fotografia: 8,5
regia: 8,5
interpretazione degli attori: 9
trama: 7
ritmo: 6

Il disarmante dramma di Lonergan non è sicuramente un film per tutti. E' un film tremendamente difficile e irrimediabilmente devastante; non lascia mai uno spiraglio di luce in fondo al tunnel. E' un film che con estrema delicatezza cerca di viaggiare attraverso l'anima dei suoi personaggi, e la sua intimità è sconcertante. I silenzi, gli sguardi, i gesti... le emozioni opprimenti, ma mai esternate... tutto viene sublimato in un'enigmatica dimensione parallela alla realtà, dove tutto diventa superfluo, dove tutto diventa nulla e nulla può diventare tutto. Questo apparente annichilimento delle realtà non lascia riparo dalla sofferenza e accentua la tragicità della vicenda. Forse è tutto troppo... deprimente, ma secondo me questo è un capolavoro. Un capolavoro che con poco riesce a trasmettere tantissimo. Un film che finalmente si disinteressa completamente dall'emotività patetica del cinema contemporaneo e che riesce ad affrontare la spietata tragicità della vita con una dignità straordinaria e una potenza che toglie il fiato. L'arte della rarefazione e della morigeratezza messe al servizio di una struggente emotività... quasi un paradosso, ma ha funzionato. Mi è piaciuto tutto: la regia è meravigliosa, la sceneggiatura è geniale, gli attori sono in stato di grazia e il contenuto è di grande impatto. Unico neo è un ritmo abbastanza lento, che a qualcuno potrebbe dar fastidio, ma che è inevitabile. Una storia così non può essere raccontata freneticamente, e il ritmo è perfettamente in linea con tutto il resto.
Forse, però, almeno un flebile bagliore di speranza ce lo avrebbero dovuto concedere... nella vita c'è sempre bisogno di un motivo per andare avanti e non mollare... 
Secondo me è un film che comunque  merita assolutamente di essere guardato. E' sicuramente molto discutibile e non adatto a tutti, ma è un film che riesce finalmente a distaccarsi da tutto il resto e a mostrarsi, senza paura, nella sua estrema fragilità.  Vi invito inoltre a leggere la mia recensione: a chi non lo avesse ancora visto per farsi un idea, e a quelli che lo hanno già visto per confrontarsi con me. Eccola qui: http://lapinacotecadeisogni.blogspot.it/2017/03/recensione-di-manchester-by-sea.html

Bene, siamo giunti al termine del nostro viaggio. Io vi ringrazio per essere arrivati fino alla fine e vi do appuntamento al prossimo articolo. Buon cinema a tutti





lunedì 6 marzo 2017

RECENSIONE di MANCHESTER BY THE SEA

Manchester by the sea di Kenneth Lonergan


sceneggiatura: 8
fotografia: 8
regia: 9
interpretazione degli attori: 9
trama: 8
ritmo: 6


Un dramma desolante, che viaggia attraverso l'animo umano con una delicatezza sconcertante, senza mai esagerare. Un viaggio che si rivela doloroso e tremendamente difficile da affrontare, ma che riesce a mantenere una costanza e una tensione emotiva da brividi. Un film che racconta tanto, ma non dice ( quasi) nulla... un film che mostra più ombre che luci... più silenzi che confessioni... più sguardi che gesti... fa tanto con poco, anzi pochissimo. C'è però una cosa da capire: questo è un pregio o un difetto?







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Il protagonista della vicenda narrata è Lee Chandler ( Casey Affleck), un portinaio tuttofare di Boston, che vive in un costante stato di rassegnazione e "male di vivere". Una brutta notizia, però, sconvolge la sua deprimente routine: il fratello Joe ( Kyle Chandler) è ricoverato in ospedale per un arresto cardiaco. Lee allora si precipita a Manchester by the sea, la loro città natale, per stare vicino al fratello, ma purtroppo arriva troppo tardi: Joe non ce l'ha fatta. Da questo momento comincia a svilupparsi la trama; si dirama un interessante susseguirsi di flashback, che si mescolano ordinatamente con il presente narrato; comincia uno struggente percorso di sofferenza, alimentato da spietati ricordi del protagonista; ma soprattutto comincia il tentativo di riavvicinamento di Lee con suo nipote Patrick ( Lucas Hedges), rimasto orfano di padre e con una madre alcolizzata, scappata di casa ormai da tanti anni. Il loro legame è molto profondo; questo si riesce solo a percepire però, perché nulla viene mai reso esplicito, nessuna emozione viene palesata in modo netto e definitivo. Il loro rapporto fatica comunque a consolidarsi a causa della totale alienazione di Lee dal mondo che lo circonda. Il film prosegue lentamente, sempre caratterizzato da queste sfumature ombrose. Lee vuole tornare a Boston alla sua vecchia vita; vivere a Manchester gli causa pesanti sofferenze, e vuole portare con se anche il nipote... ma Patrick non è disposto ad abbandonare la sua vita e trasferirsi. Per qualche mese i due continuano a vivere insieme, ma presto le loro strade si dovranno dividere... o forse no...

Questa è a grandi linee la trama. E' un film abbastanza lento nel ritmo, ma ha una trama molto ricca che si sviluppa con grande ordine e coerenza.
E' un dramma, ma non è assolutamente un melodramma ( per fortuna): mancano le scene madri, mancano i confronti strazianti tra i personaggi, mancano i pianti a dirotto, mancano le scene di grida disperate, manca la presenza di elementi di speranza o di trascendenza come la religione, mancano le denunce sociali alla droga o all'alcol... mancano quindi le principali caratteristiche dei film drammatici contemporanei che puntano tutto sull'emotività, spesso fine a se stessa, degli spettatori. Qui invece ci si concentra di più su ciò che non viene detto, su ciò che viene solo accennato e poi interrotto, su aspetti più nascosti e meno stereotipati. Ci si affida ad un laicismo di base, che affronta la drammaticità degli eventi senza bisogno di soluzioni o vie d'uscita spirituali; ci si affida ad una totale sofferenza, quasi sublimata, senza bisogno di infatuazioni o alleggerimenti di cornice. E' un film delle "piccole cose", come la poetica del Pascoli, e proprio come nelle Sue poesie, ogni cosa qui assume grande significato proprio grazie alla sua semplicità. E' una storia che vale solo in sé, senza il peso della retorica sociale obbligatoria o il mito della sventura di derivazione cristiana in cui le sofferenze portano alla virtù.

A rinforzare e ravvivare la sceneggiatura troviamo comunque numerosi colpi di scena, che sono sempre molto preziosi ai fini del racconto e di una comprensione più completa. Troviamo una caratterizzazione dei personaggi molto accurata, ma allo stesso tempo alquanto ambigua. Ed è forse proprio l'ambiguità la parola chiave di questo film. Sì perché nulla è mai definito in modo chiaro, è sempre tutto in balia di un profondo senso di angoscia, che minimalizza ogni azione, ogni discorso, ogni rapporto tra i personaggi. Nulla prende mai il sopravvento sull'apparente pacatezza che regna sovrana. Ci tengo a sottolineare la parola "apparente", perché la tranquillità non va assolutamente associata agli sviluppi profondi della storia, ma solo al contesto in cui si svolge. E' un film caratterizzato da un estrema sobrietà; sobrietà nello stile, nella regia, nella sceneggiatura e nei contenuti.  (Abbinare la sobrietà ad un dramma così profondo e ad una storia con una dose così violenta e devastante di dolore, è cosa assai rara nel cinema contemporaneo abituato ormai ad esasperare ogni cosa fino all'estremo. E in questo risiede la grandezza di questo lavoro: riesce a trasmettere tanto con poco. Riesce a sviluppare la sofferenza senza bisogno di manifestarla con insistenza e senza decoro; riesce a comunicare la sua alienazione emotiva causata dal bisogno di sopravvivere, di dover andare avanti... e questo a discapito di ogni sentimento di amore e di passione. Quel fuoco di vita che tiene accesa la nostra anima qui viene spento, e ciò che ne deriva è una profonda freddezza, un pessimismo cosmico che avvolge ogni cosa... un'apatia nei confronti della vita, che però, quasi paradossalmente, sconvolge emotivamente lo spettatore. A questo punto bisogna capire se questa assidua ricerca del "non dire", del "non fare", questa prevalenza di oscurità, questo metodo interessante di raccontare una storia senza mai entrare nello specifico sia in realtà una genialata oppure uno squallido alibi per non dire un gran che... 

Tecnicamente nulla, o quasi, da eccepire. La regia di Lonergan è meravigliosa. Elegante, precisa e di grande impatto. Riesce a raccontare ciò che la sceneggiatura cerca di nascondere. Questo aspetto in particolare mi ha colpito moltissimo. Posso spingermi a dire che la regia è addirittura necessaria per comprendere meglio il film, per goderne appieno. Non è così frequente trovare un film in cui le scelte registiche influiscano anche sullo svolgimento della trama... è difficile persino da spiegare come Lonergan sia quasi presente sulla scena; è riuscito ad alternare i due piani temporali propri del racconto in una successione equilibrata perfettamente; spesso arriva quasi a confonderli tra loro, creando un effetto sfumato, rarefatto dalla realtà con una raffinatezza straordinaria. E' qui l'unicità di questo film, nella sua doppia prospettiva che sfocia poi in un'unica dimensione di sofferenza, e il fatto che non ci siano mai buchi nella trama o salti nel vuoto è garantito dall'ottima sceneggiatura, sempre di Lonergan, che a mio avviso ha toccato la vetta della sua carriera ( vincendo anche il premio Oscar come miglior sceneggiatura originale). La grossa pecca secondo me è che non ci sia mai nemmeno uno spiraglio di luce, mai un accenno di forza d'animo, mai un momento di respiro. Non dico di snaturare la sua essenza, perché il film è di grande valore proprio per la sua avversione ai soliti canoni cinematografici, però ritengo che sia inevitabile per lo meno accennare ad un cambiamento o alludere ad uno spiraglio. E' un film emblematico, che forse va preso così com'è, senza avventurarsi in voli pindarici per comprenderlo...

Risultati immagini per manchester by the seaFatti i dovuti complimenti al regista, non si può non applaudire alle strepitose interpretazioni degli attori: Casey Affleck lascia senza fiato, ha un intensità mostruosa. In genere è un attore discreto, non particolarmente espressivo, qui riesce a dimostrare tutto il suo talento. Si svuota completamente da ogni emozione e riesce a trasmettere tutta la complessità del suo dramma con la sola forza dei suoi sguardi, con la forza di tutte quelle parole non dette e di quei silenzi così struggenti. Una prova di assoluto valore interpretativo, perché ha completamente prosciugato l'animo umano per gettarlo nell'abisso della sofferenza senza speranza ( premio Oscar al miglior attore protagonista).          E' incantevole anche Michelle Williams che interpreta Randi, l'ex moglie di Lee. Forse il suo è l'unico personaggio che tenta di liberarsi veramente dell'enorme dolore che la opprime, l'unico personaggio che si lascia andare ad lungo sfogo, l'unico personaggio che piange ( e per un film così drammatico penso sia un record, che ho apprezzato non poco) e lei riesce ad impersonare alla grande questa carica emotiva. E non è da meno Lucas Hedges, il giovane attore ha offerto un'eccellente performance e ha creato una forte empatia con Casey Affleck, i due insieme hanno funzionato benissimo. 

Manchester by the sea non è sicuramente un film facile; non è un film che rilassa o svaga... è un film che spiazza, che fa soffrire; è un film triste, senza luce in fondo al tunnel; è un film che pone drammi giganteschi sulle spalle di personaggi piccoli; è un film che lascia il segno e che, nonostante tutto, riesce anche a far sorridere... è un film che ci lascia la consapevolezza che da un cinema si può uscire soddisfatti anche dopo aver assistito ad una storia senza lieto fine, senza amori eterni, senza supereroi, senza violenza, senza canzoni o balletti, senza effetti speciali... ma solo con il grande merito di essere riuscita a raccontarsi liberamente, regalandoci la sua profonda intimità. 


VOTO: 8

sabato 4 marzo 2017

ASPETTANDO I DAVID DI DONATELLO 2017

Con gli Oscar ormai alle spalle, possiamo finalmente cominciare a parlare dei nostri cari David di Donatello, il più prestigioso riconoscimento del cinema italiano. La cerimonia di premiazione si terrà il 27 marzo presso l'Auditorium Conciliazione di Roma e sarà condotta dal brillante Alessandro Cattelan. 


Si sa, la notte degli Oscar è sempre la più  magica ( ecco qui il mio articolo http://lapinacotecadeisogni.blogspot.it/2017/02/la-notte-degli-oscar-2017.html), ma ai David di Donatello giochiamo in casa... siamo molto più coinvolti, ci sentiamo più partecipi. E allora bando alle ciance e andiamo ad analizzare le principali categorie e i concorrenti in gara, scegliendo magari qualche papabile vincitore. 

-MIGLIOR FILM: -"Fai bei sogni" di Marco Bellocchio. Una grandissima delusione. Un film povero, spesso sconclusionato, lento, mediocre sotto ogni aspetto sia tecnico che contenutistico. Salti temporali repentini e stucchevoli, buchi nella trama, pessima caratterizzazione dei personaggi ( anche del protagonista, il che è molto grave), regia scadente anni novanta e insufficiente peso alle emozioni. Poco da salvare, non mi ha emozionato. -"La pazza gioia" di Paolo Virzì. Un gioiellino. Diciassete nomination all'attivo e l'enorme possibilità di vincere tanto. Cucito a regola d'arte da Virzì e Francesca Archibugi e interpretato egregiamente dalle due splendide protagoniste. Ha una forza eccezionale ed un intensità emotiva soffocante. Difficile, ma necessario. Virzì è una garanzia ormai. E' sicuramente il film favorito per la vittoria. -"Fiore" di Claudio Giovannesi. Apprezzabile. Non brilla certo di originalità o innovazione, ma nella sua semplicità riesce comunque a farsi valere. Riesce a tenere il ritmo, caratterizza i personaggi e un abbozzo di trama, ed è ben strutturato. Due grosse pecche: cade spesso e volentieri nei cliche del genere ed è poco ambizioso nei contenuti e nei messaggi da lanciare. Ci prova, ma ancora non basta. -"Veloce come il vento" di Matteo Rovere ( ben sedici nomination). Ottimo lavoro. Bella la storia, avvincente, dinamica e intensa; bella la regia, fluida e raffinata, ma soprattutto straordinarie le prove degli attori. Ho trovato numerosi punti di forza in questo film che mancano troppo spesso ai film italiani: grande attenzione allo sviluppo dei personaggi ( qui l'ho trovata eccezionale); colpi di scena ben strutturati e non caotici o insensati, e poi hanno dato tanto peso alle emozioni, ma non hai pianti disperati o alle grida di rabbia incontenibile, di queste cose ne troviamo ovunque, hanno dato peso alle vere emozioni dei personaggi... in ogni scena, ad ogni battuta, ad ogni sospiro... in questo film sono le emozioni che portano avanti la storia e per questo riescono a tenere viva l'empatia con lo spettatore fino alla fine. Senza "La pazza gioia" avrebbe potuto vincere. La mia preferenza però rimane. Ultimo candidato -"Indivisibili" di Edoardo de Angelis. Unico film in gara che non ho visto e quindi non posso sbilanciarmi. Ha ricevuto ben 17 nomination e ha buone possibilità di vittoria, ma non ho comunque intenzione di guardarlo... un po' di pregiudizio, un po di sfiducia, un po' di biasimo sulla tematica affrontata... un po' di tutto insomma. 

-MIGLIOR REGIA: sono candidati esattamente gli stessi registi dei film sopra elencati. Questo significa che un buon film nasce soprattutto da un buon regista. Senza tanti giri di parole, questa è la categoria di Paolo Virzì, assoluto maestro di cinema. Ha svolto un grande lavoro anche Matteo Rovere, un lavoro di grande impatto talvolta anche spregiudicato (basti pensare alle scene ad alta velocità) che andrebbe sicuramente premiato, ma Virzì è un poeta della macchina da presa. 

-MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA: -Valerio Mastandrea per "Fai bei sogni". Mediocre, senza infamia né lode. L'ho trovato un po' inconsistente nella sua interpretazione, troppo "monocorda", sempre con la stessa espressione desolata e nostalgica. E' sicuramente uno stato d'animo che caratterizza il suo personaggio, ma non può procrastinarsi per due ore e un quarto di film. C'è bisogno di sentimenti, di emozioni forti, di sorrisi, di lacrime... non si può essere costantemente dei "cani bastonati" inermi e abbandonati a se stessi, anche perché in questo modo traspare una personalità arrendevole e disfattista e leggendo il libro non si ha mai questa sensazione. -Michele Riondino per "La ragazza del mondo". Finalmente è uscito il talento. Ottima prova del giovane Montalbano. Un ruolo pesante ed emblematico, lui ha saputo gestirlo e farlo suo in modo impeccabile. Non è tra le mie grazie, ma riconosco il merito. -Sergio Rubini per "La stoffa dei sogni". Assolutamente meraviglioso. Non ho altro da aggiungere, la sua prova è stata eccezionale... poetica, elegante, istrionica, carismatica, emozionante. Porta al cinema l'incantevole teatralità del grande Eduardo De Filippo senza mai perdere credibilità. Serve altro per essere un grande attore? -Stefano Accorsi per "Veloce come il vento". Un gigante. E' forse il miglior Accorsi mai visto prima. Con questa interpretazione sale nell'Olimpo dei migliori attori in circolazione in Italia, senza alcun dubbio. La sua parte è difficilissima ( un tossicodipendente), sia dal punto di vista psicologico che fisico ( avrà perso non so quanti chili) e lui è straordinario dall'inizio alla fine, mantenendo una grande credibilità. Il film si regge tutto sulle sue spalle, senza di lui avrebbe perso tantissimo del suo fascino ( così vale anche per Rubini). Porta una carica emotiva incredibile e mantiene un intensità sconcertante. DEVE vincere lui. -Toni Servillo per "Le confessioni". Un edizione senza Servillo è impensabile, ne ha già vinti quattro. Quest'anno si ripresenta e di certo non sfigura. La sua prova in questo film è come sempre ottima, ma con un Accorsi così nemmeno lui può nulla.

-MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA: -Matilda De Angelis per "Veloce come il vento". Giovane, bella e brava. Diciamo che promette molto bene. In questo ruolo è riuscita ad esprimersi al meglio e a reggere il confronto con Stefano Accorsi. Ora bisogna capire se è stata questione di fortuna, oppure se è davvero così forte. Ha una carriera intera per poter dimostrare tutto il suo valore. -Angela e Marianna Fontana per "Indivisibili". Non posso di nuovo approfondire il mio commento, non avendole viste in azione. Di sicuro non hanno affrontato un ruolo semplice, anche perché hanno dovuto recitare sempre attaccate... letteralmente. -Valeria Bruni Tedeschi per "La pazza gioia". Solo applausi. Un attrice con la A maiuscola. Interpretazione destabilizzante, talento puro. Riesce a toccare le corde di tante emozioni e suona una bellissima sinfonia emotiva, senza mai esagerare. Papabile vincitrice. -Daphne Scoccia per "Fiore". La ragazza non è per niente male. Una delle poche cose che salvo di questo film è proprio la sua interpretazione. Sempre sul pezzo con grande intensità e con ottime capacità. Mi ha convinto molto la sua prova. -Micaela Ramazzotti per "La pazza gioia". La migliore. Ecco la mia favorita per la vittoria finale. Performance da brividi. Sincera, profonda, tormentata, alienata... sorridente, angosciata, distrutta... ma quanto è stata brava? 

Adesso vediamo più rapidamente le altre principali categorie. Mi sono accorto di essermi un po' dilungato, ma un commento ( almeno per queste categorie così importanti) era necessario. Le prossime le affronteremo giusto con una battuta. 

-MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE: secondo me delle sei nomination sono solo tre a contendersi la vittoria: La pazza gioia, Indivisibili, Veloce come il vento. Ben strutturate, sono le uniche a sviluppare una trama degna di nota.

-MIGLIOR SCENEGGIATURA ADATTATA: di queste sei, invece, le due più forti a mio avviso sono: Era d'estate e La stoffa dei sogni. Sono entrambi ottimi film, sceneggiati con grande cura e maniacale attenzione. Io consiglio caldamente la visione di entrambi. Trovo pessimo l'adattamento di "Fai bei sogni" e non all'altezza quello di "Pericle il nero", gli unici due che sulla carta avrebbero potuto ambire alla vittoria, oltre ai due sopra citati.

-MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA: questa è una delle categorie più combattute. A contendersi il premio sono: Valerio Mastandrea per "Fiore", Ennio Fantastichini per "La stoffa dei sogni", Massimiliano Rossi per "Indivisibili", Pierfrancesco Favino per "Le confessioni" e Roberto de Francesco per "Le ultime cose". I miei prescelti sono Ennio Fantastichini, che in questo film è fantastico di nome e di fatto, e Massimiliano Rossi. Ma è comunque una categoria in cui sono stati tutti molto bravi. 

-MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA: un solo nome: Valeria Golino ( per "La vita possibile"). Con la Golino in gara io non leggerei nemmeno gli altri nomi candidati, ma non sarebbe giusto. In questa categoria però mi mancano due film e quindi il mio giudizio sarebbe solo parziale: mi manca "Piuma" per il quale è candidata Michela Cescon e il solito "Indivisibili" con la candidata Antonia Truppo. Io tifo comunque per Valeria e per Roberta Mattei di  "Veloce come il vento".

-MIGLIOR AUTORE DELLA FOTOGRAFIA: senza dubbio Michele d'Attanasio per "Veloce come il vento". Grande maestria; risultato eccellente. 

Direi che per il momento ci possiamo fermare qui e ne torneremo a parlare dopo le premiazioni... sperando che nessuno sbagli busta...